Mia figlia legge e scrive. Mia figlia, qualche volta, vuole giocare alla scuola e mi chiede di fare le addizioni. Mia figlia sa contare ben oltre il venti (anche se bisogna ricordarle che dopo tredici ci sono quattordici, quindici e sedici). Mia figlia ha meno di cinque anni...e stava a buon punto già a meno di quattro.
<<Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.>>
(Matteo, 7:6)
Alima aveva 8 anni nel 2015 e passava con me le ore di religione, che non frequentava con i compagni di classe. A questi gruppetti eterogenei di bambini con tante origini diverse proponevo piccole attività di conoscenza e interscambio culturale, ma finivamo per lo più a chiacchierare: quanti modi ci sono di salutare? Quanti di festeggiare? Come si cucina nelle vostre case?
E capitò anche di parlare di emozioni…
In quelle settimane chiudevo la mia tesi di Laurea sulla valutazione delle competenze sociali, basata sull’universalità delle emozioni e della loro espressione corporea. Mi sentivo imbattibile sull’argomento e con un ghigno da “guarda come ti frega la maestra” finii per chiedere ad Alima: <<Perché, secondo te la tristezza dei bambini del Burkina Faso è diversa dalla nostra? >>
La sua risposta, così semplice, spense quel ghigno e aprì per sempre il mio cuore:
<<Ma certo, maestra: in Burkina Faso c’è la guerra! >>
Queste sono perle che i bambini hanno da donare e che noi adulti, laureati, diplomati, formati, esperti, centinaia di volte abbiamo lasciato cadere nel fango e calpestato, incapaci di riconoscerne il valore.
Agli albori della mia carriera scolastica (si intende, quella dietro la cattedra) una bambina di 8 anni mi ha insegnato ad ascoltare e a pensare di poter guardare il mondo con occhi diversi. Qui voglio condividere con voi le perle che da allora mi alleno a raccogliere e custodire: chiacchierare è rimasta la mia cosa preferita.