Mia figlia legge e scrive. Mia figlia, qualche volta, vuole giocare alla scuola e mi chiede di fare le addizioni. Mia figlia sa contare ben oltre il venti (anche se bisogna ricordarle che dopo tredici ci sono quattordici, quindici e sedici). Mia figlia ha meno di cinque anni...e stava a buon punto già a meno di quattro.
No, questa non è una celebrazione gratuita e sterile di un qualche raro gene miracoloso di famiglia, anche se mi piacerebbe fregiarmene! Benché mia madre canti ancora le mie lodi di bambina prodigio per lo stesso motivo, infatti, avendo ormai alcuni anni di insegnamento alle spalle e frequentando i social mi rendo conto che oggi non è niente di speciale.
Non credo si tratti dell’effetto (e mi pare di capire che recenti studi scientifici* lo confermino) di un virtuoso balzo evoluzionistico ma, piuttosto, del cambiamento nel tempo dei contesti sociali e familiari e degli stimoli che hanno caratterizzato e caratterizzano l’infanzia.
Verosimilmente all’inizio del secolo la maggior parte dei genitori era analfabeta e in famiglia si trasmettevano più che altro arti e mestieri. In seguito si è stati via via sempre più esposti, in giovane età, a un maggiore grado di istruzione dei genitori o alla più vasta circolazione di notizie, fino all’avvento delle tecnologie. Oggi in queste tecnologie bambini e bambine sono immersi, dedicano meno tempo a giochi creativi o di movimento e vedono spesso gli adulti davanti a TV, computer e smartphone. Non ne vado particolarmente fiera, ma credo che Margherita abbia iniziato a interessarsi a lettere e numeri quando ha avuto bisogno di individuare il pulsante “Chiudi” per evitare le pubblicità tra un gioco e l’altro sul tablet o di scegliere autonomamente i propri cartoni preferiti sulle diverse piattaforme streaming.
A prescindere dalle cause, comunque, è un dato di fatto che, tra chi si siede di fronte a noi il primo giorno di scuola, siano sempre più numerosi coloro che non sono completamente privi di capacità di calcolo e letto-scrittura, mentre capita piuttosto di scontrarsi con mancanze che per la mia esperienza di millennials brianzola sembrano inconcepibili, come non avere mai preso un treno a sei anni o non avere mai visto dal vivo una mucca o un girino.
Certo non si può pensare di saltare la fase di presentazione dei singoli grafemi e cifre (nessuno va lasciato indietro!) ma mi chiedo cosa ne sarà, ora di Natale, di quegli occhi curiosi che hanno sete di altro e si trovano a cerchiare le parole che iniziano per vocale oppure a contare tre api, quattro caramelle e sette fiori per settimane intere?
Navigando sul web scopro ogni giorno un’infinità di nuove proposte, forse troppe per me che vorrei provarle tutte! Più o meno timidamente ho fatto già qualche tentativo, come andare veloce fino al nove e soffermarmi solo sul passaggio alla decina, con questa mia ultima classe prima, per volare veloce fino al cento moltiplicando le possibilità di giocare autonomamente con i numeri per chi non ha avuto difficoltà, mentre mi prendevo il tempo di affiancare chi aveva bisogno di ripetere e consolidare, oppure organizzando attività a libera scelta in stile montessoriano o rivoluzionando la modalità di spiegazione e studio delle discipline…ma sento il bisogno di fare di più.
Consapevole che il mondo va più veloce della scuola (e più veloce di me) sento la responsabilità di far parte del cambiamento.
La sfida è quella di ripensare continuamente le pratiche e i contenuti in senso più esperienziale ed educativo: affrontare un sempre più immediato accesso alle informazioni imparando a ricercare e scegliere quelle più affidabili, allenare l’empatia per coltivare relazioni sane e sicure dentro e fuori dagli schermi, riscoprire la meraviglia del mondo reale e imparare a viverlo al meglio usando le tecnologie come supporto, anziché rimanendone sopraffatti.
Certo si tratta di una progettazione più complessa che richiede maggiore attenzione, tempi più distesi, una buona dose di coraggio, tanta fiducia e pazienza…ma è così che voglio provare a spiccare il volo, verso l’infinito e oltre!
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